La risposta alla pandemia da COVID-19 evidenzia l’importanza delle particolarità culturali
Di Bhaskar Pant
Il nuovo coronavirus ha colpito paesi di tutto il mondo senza discriminare le sue vittime. Non guarda all’etnia, né al genere, né tantomeno all’origine culturale e non conosce frontiere.
Partendo da questa premessa, la cosa più sensata sarebbe stata una risposta unitaria da parte dell’intera società, ma non è stato così.
Perché? La spiegazione risiede nelle differenze culturali.
Abbiamo osservato un maggior rispetto delle misure ufficiali di sicurezza sanitaria nei paesi in cui il concetto di benessere comune occupa le prime posizioni nella scala delle priorità. Tuttavia, nelle zone più individualiste, come ad esempio gli Stati Uniti, troviamo molti gruppi di persone che rifiutano le raccomandazioni di organismi come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) o di Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC), soprattutto per quanto riguarda norme come l’utilizzo della mascherina, la distanza di sicurezza e la chiusura temporanea di alcune attività commerciali e di determinate aziende.
QUANDO I DIRIGENTI NON HANNO ESPERIENZA INTERNAZIONALE O NON SONO CONSAPEVOLI DELL’IMPORTANZA DELLA CULTURA NON SI RENDONO CONTO CHE LE PERSONE DI PAESI DIVERSI HANNO PUNTI DI RIFERIMENTO DIVERSI. PORTANO LA LORO CULTURA NEL LORO LAVORO, NON LA LASCIANO A CASA
Frutto di questa risposta così variata, che porta dei rischi evidenti per la salute pubblica, possiamo osservare il modo in cui la cultura di ciascun paese si ripercuote sul comportamento delle persone, specialmente sul loro rapporto nei confronti di “norme e regolamenti”. Questa situazione ci permette anche di ricordare a chi è coinvolto in affari internazionali perché la consapevolezza culturale è una competenza imprescindibile per i leader di aziende. La stessa soluzione non è sempre valida dappertutto, eppure le grandi multinazionali cercano quotidianamente di creare una cultura aziendale omogenea. Stabiliscono, ad esempio, le stesse politiche di risorse umane a Seattle e a Tokyo. I dirigenti che non hanno esperienza internazionale o che non sono consapevoli dell’importanza dei valori culturali generalmente trascurano la possibile presenza di punti di riferimento diversi tra persone di origini diverse. In un modo o nell’altro la cultura ci accompagna nel lavoro, non rimane mai a casa.
Naturalmente è impossibile che un dirigente conosca a fondo tutte le culture con cui lavora. Tuttavia, è molto utile che i leader siano sensibili alle diverse culture e abbiano un framework mentale che gli permetta di vedere e rispondere attraverso prospettive differenti in condizioni variabili.
Questi sono i cinque fattori culturali che tutti i leader aziendali devono tenere sempre presenti:
Culture di alto contesto e culture di basso contesto
L’antropologo Edward Hall, considerato il padre della comunicazione interculturale in così tanti campi di studio, è stato il primo a individuare la differenza tra quelle che considerava culture di “alto” e di “basso” contesto. In una cultura di basso contesto la cosa più importante è il “contenuto” di quanto viene detto. Generalmente le parole pronunciate dai parlanti di questi luoghi corrispondono a tutti gli effetti a ciò che vogliono esprimere, in modo tale che a uno straniero basteranno le parole per poter comprendere il senso della conversazione.
Le culture tedesca, svizzera o scandinava sono chiari esempi di culture di basso contesto. Al contrario, in una cultura di alto contesto gran parte della comunicazione dipende dagli aspetti non verbali e da altri fattori contestuali, come ad esempio il tipo di rapporto personale tra i parlanti. In Giappone le persone cercano di evitare di pronunciare la parola “no”, per cui i destinatari di un messaggio di rifiuto sono costretti a rintracciare e ordinare con precisione tali elementi per comprendere lo scopo reale del mittente.
Culture individualiste e collettiviste
Come dicevamo, abbiamo potuto osservare delle differenze tra questi due archetipi culturali per quanto riguarda il modo di affrontare la crisi del coronavirus. L’individualismo e i seguenti tre fattori della lista sono quattro delle sei “dimensioni culturali” che definisce lo psicologo sociale olandese Geert Hofstede, pioniere nel campo della comunicazione culturale. Questa questione spiega molte differenze culturali sia per quanto riguarda la composizione istituzionale di diversi paesi sia il funzionamento di aziende che condividono obiettivi commerciali in entrambi i luoghi. Mentre i lavoratori dei paesi individualisti hanno a disposizione un margine più ampio per pensare da soli e impiegare i propri metodi nei processi di risoluzione di problemi, in altri più collettivisti i comportamenti di questo tipo sono percepiti come dannosi per lo sviluppo delle dinamiche di gruppo. In questo contesto le aziende generalmente promuovono il lavoro di squadra e controllano a fondo se le regole stabilite vengono rispettate.
Indice di elusione della certezza
Un elevato tasso di elusione dell’incertezza è legato a una bassa tolleranza al cambiamento, all’ambiguità e all’assunzione di rischi, mentre un livello basso di questo valore punta verso la direzione opposta. Ad esempio, la cultura statunitense ha un livello di elusione dell’incertezza moderato ed è invece molto più alto in alcuni paesi europei e latino-americani. I dipendenti di aziende di questi paesi si aspettano che i loro datori di lavoro riducano al minimo i rischi attraverso politiche e norme molto chiare. In generale il modo in cui i loro cittadini hanno lottato contro la pandemia si è basato sul rispetto delle linee guida date dallo Stato.
Indice di distanza dal potere
Nei paesi con un alto tasso di distanza dal potere, le forme di gerarchia sono accettate e rispettate maggiormente anche da coloro che ne occupano i gradini più bassi. I lavoratori di paesi che hanno una bassa distanza dal potere pretendono una struttura organizzativa più “orizzontale” ed equa. Le aziende che operano in questi paesi devono essere prudenti nell’implementare questa prospettiva in altri luoghi.
Mascolinità e femminilità
Questa terminologia risulta arcaica, ma, secondo Hofstede, i membri appartenenti a culture più “maschili” sono più competitivi e si impegnano di più per inseguire il successo. Negli ambienti culturali meno mascolinizzati, come quelli dei paesi scandinavi, si attribuisce maggiore importanza alla qualità della vita e al lavoro di squadra piuttosto che alla visibilità individuale e alla volontà di distinguersi dalla massa. Le multinazionali devono assecondare queste peculiarità quando delineano le loro politiche di ferie e di conciliazione familiare.
Nonostante molti degli esperti e dei formatori culturali del mondo conoscano gli aspetti sopra descritti, quando parlo di consapevolezza culturale con dei leader aziendali, la maggior parte di loro non ne ha mai sentito parlare, tantomeno conosce il suo impatto sull’efficienza lavorativa e sui risultati dell’azienda. Spesso le fusioni e gli acquisti tra società riscuotono maggior successo quando i dirigenti prendono consapevolezza di queste peculiarità e le gestiscono in maniera proattiva. Esistono, infatti, molti esempi di fusioni aziendali fallimentari per colpa di un approccio negativo alla diversità culturale.
I DIRIGENTI DEVONO MOSTRARE EMPATIA E SENSIBILITÀ NEI CONFRONTI DEL CONTESTO CULTURALE IN CUI ESERCITANO LA LORO ATTIVITÀ COMMERCIALE
I metodi di gestione delle conseguenze dovute alla pandemia hanno messo in evidenza le particolarità culturali di ciascuna nazione. Questa situazione rappresenta un’opportunità per i leader di riflettere sull’urgenza di quei problemi che, latenti da anni, sono affiorati inesorabilmente. Di solito all’inizio di ogni periodo di crisi la cittadinanza deposita le dichiarazioni dei leader politici nella memoria collettiva. Tutto ciò accade anche nelle aziende: i dirigenti devono mostrare empatia e sensibilità nei confronti del contesto culturale in cui esercitano la loro attività commerciale. In un contesto di mercato sempre più globale le azioni imprenditoriali di qualità e una politica comunicativa efficace richiedono una consapevolezza e delle competenze culturali solide.
Fonte: The European Business Review